In Italia stanno aumentando sempre di più zipline e ponti tibetani per esperienze adrenaliniche. Ma quali sono le conseguenze per l’ambiente?
Il paesaggio di montagna ha qualcosa di magico: lo guardi e ti senti minuscolo e insignificante, ma nello stesso tempo ti senti anche grato e in pace, mentre ammiri la natura incontaminata.
Negli ultimi anni però, l’intervento dell’uomo si è fatto sempre più massiccio. Seppur in piccola parte, anche la realizzazione di zipline e ponti tibetani per attrarre turisti promettendo loro esperienze adrenaliniche si sta rivelando un nuovo problema per il paesaggio montano. Scopriamo quali sono le conseguenze di questi nuovi interventi umani sulla natura incontaminata.
Centinaia di turisti ogni giorno decidono di lanciarsi appesi ad una fune giù per il pendio delle montagne per godersi il paesaggio da un punto di vista inusuale, mentre viaggiano a tutta velocità appesi con un’imbracatura speciale che li trasforma in veri e propri proiettili umani.
Altri, preferiscono farsi una passeggiata su un ponte posizionato a migliaia di metri da altezza. Insomma, la combinazione avventura-montagna piace, a tutti tranne a chi soffre di vertigini.
Il direttore di Progetto Turismo di Trento, Matteo Bonazza, ha dichiarato che questa tipologia di attrazione può diventare una risorsa importante per il territorio.
“Per alcune destinazioni, rappresenta un segnale di speranza per sviluppare un movimento turistico e per l’economica del territorio. Un modello, se funziona, può diventare replicabile e quindi poi adattata ai diversi contesti. E’ il caso dei ponti tibetani che sono diventati in molti casi un’attrazione in grado da sola di intercettare flussi importanti e di valorizzare luoghi che altrimenti non avrebbero la possibilitа di emergere rispetto alla concorrenza”.
Bonazza sottolinea, quindi, come queste attrazioni possano essere una speranza per le realtà più piccole che non possono contare su un turismo massivo, e che con questo tipo di investimento, potrebbero vedere quadruplicato il loro fatturato relativo al turismo.
Quello che fa storcere il naso è che alcune di queste strutture nate per intrattenere i turisti più temerari, sorgono in zone protette o in Parchi che, per definizione, dovrebbero tutelare la flora e la fauna locali e preservare il paesaggio dall’intervento dell’uomo. Se ci pensate, zipline e ponti tibetani, oltre a rovinare in parte il paesaggio incontaminato, disturbano soprattutto l’avifauna, ovvero per gli uccelli.
Inoltre, gli interventi necessari per installare queste strutture possono danneggiare ecosistemi fragili, interrompendo cicli vitali di piante e animali. La fauna, disturbata da questo tipo di attività, tenderà a spostarsi sempre meno in quelle aree e ad allontanarsi per cacciare e per mettersi al riparo da rumore e folla.
La possibilità che i Parchi naturali si trasformino in lunapark è un serio rischio, soprattutto considerato che queste strutture stanno aumentando con il passare di ogni anno.
Per poter mitigare l’impatto negativo di zipline e ponti tibetani sulla flora e la fauna delle nostre montagne, occorre adottare degli approcci di gestione più sostenibili.
Innanzitutto, bisognerebbe valutare attentamente in che area andarle ad inserire e togliere dalla lista zone come riserve naturali e Parchi, proprio per non andare in contrasto con le motivazioni per cui sono stati realizzati: la salvaguardia delle specie che ci vivono all’interno. In più, bisognerebbe:
In conclusione, nonostante le zipline e i ponti tibetani diano sicuramente l’occasone di vivere un’esperienza emozionante ai turisti, è fondamentale considerare attentamente il loro impatto sull’ambiente circostante.
La montagna non è un parcogiochi e bisogna dimostrare il massimo rispetto quando si cammina per i suoi sentieri o si decide di svolgere attività alternative come questa.
Solo attraverso un approccio responsabile e sostenibile al turismo, è possibile garantire la conservazione a lungo termine dell’ambiente di montagna che tanto amiamo.
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