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Itinerari

La storia dei rifugi alpini

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Dalma Bonaiti

La storia dei rifugi alpini, dai primi insediamenti alle strutture moderne, immergiti nel fascino della montagna e dei suoi rifugi

I rifugi situati nelle Alpi sono vitali per escursionisti, alpinisti e amanti delle altezze. Ma da dove proviene l’origine di questi luoghi magnifici che ci offrono l’opportunità di assaporare la natura in tutta la sua bellezza?

Il racconto intrigante della nascita dei rifugi alpini ci conduce attraverso montagne e valli, rivelando i cambiamenti della società e dei progressi tecnologici. Veniamo a scoprire come hanno avuto origine questi punti di sosta essenziali che consentono una scoperta sicura e confortevole delle cime più elevate. I rifugi alpini possiedono un’eredità secolare ricca di elementi mitici, le cui radici possono essere rintracciate nella metà del XIX secolo, quando l’arte dell’alpinismo iniziò ad essere apprezzata dalla nobiltà emergente e dalla ricca borghesia anglosassone.

In quel periodo, non vi erano vie accessibili per carri o strumenti per raggiungere il fondo della montagna, rendendo obbligatorie lunghe spedizioni che necessitavano di molto tempo. Per rispondere ai bisogni di questi primi esploratori delle montagne, vennero stabilite diverse strutture di ospitalità, divenendo una delle principali missioni del Club Alpino Italiano, istituito nel 1863. Attualmente, sulle Alpi italiane, ci sono approssimativamente mille rifugi, dei quali più di 750 sono amministrati dal CAI. Tuttavia, nel corso di questi 150 anni, c’è stata una significativa evoluzione e i rifugi hanno dovuto adeguarsi ai tempi in continuo cambiamento.

Rifugi di montagna: quando andare e cosa si può fare

La durata di funzionamento dei rifugi varia, con la maggioranza che rimane aperta per un periodo di circa 3 mesi, che va dal 20 giugno al 20 settembre. Tuttavia, ci sono delle eccezioni. Alcuni rifugi situati su percorsi più accessibili e popolari estendono le loro operazioni fino alla metà di ottobre, dando l’opportunità, se le condizioni meteorologiche lo consentono, di godere di un’esperienza in alta montagna anche durante la stagione autunnale.

Foto | EricFalco @Canva – montagneracconta.it

Soggiornare in un rifugio montano è ancora oggi un’esperienza affascinante, rappresentando il modo ottimale per esplorare le altezze alpine per vari giorni. Di solito, i rifugi offrono il comfort di dormitori con sei/otto letti o più, tuttavia, è possibile trovare la disponibilità di alcune stanze private in alcuni rifugi. Il bagno spesso è condiviso tra gli ospiti.

In entrambi i casi, camera privata o dormitorio, ti verranno forniti letto, lenzuola e cuscini. Detto ciò, è importante portare un asciugamano e articoli da toilette personali, poiché non vengono forniti. Altri elementi indispensabili includono un paio di scarpe pulite leggere da indossare all’interno del rifugio e denaro contante per eventuali extra non inclusi nella tua prenotazione.

Il momento clou di soggiornare in un rifugio è la cena. Questo rituale permette di gustare solitamente il menu fisso della giornata, potendo scegliere tra i piatti disponibili, ed è un emblema dell’ospitalità e della convivialità alpina. Le sedute a cena sono l’occasione ideale per gli alpinisti di condividere la loro passione per la montagna, discutendo delle escursioni del giorno e dei piani per il giorno successivo.

Dopo un’abbondante pasto, è fondamentale riposare subito, per poi sfruttare pienamente le prime e fresche ore del mattino, ideali per camminare in altura. La giornata comincia naturalmente con una colazione ricca e variata, con alternative tra dolci e salati. Nei giorni di condizioni meteo incerte o particolari, i rifugisti sono sempre pronti ad offrire i loro suggerimenti al mattino su come affrontare la giornata in modo sicuro. Nella prenotazioni, la colazione e la cena nel rifugio sono sempre incluse. Per il pranzo, a seconda del percorso del giorno e delle vostre scelte personali, potrete acquistare un pranzo al sacco al mattino o pranzare in un altro rifugio lungo il percorso. In tutti i casi, si consiglia sempre di portare con sé uno spuntino e alcuni litri d’acqua durante le escursioni.

Come e quando sono nati i rifugi di montagna

La parola “rifugio” è ormai diventata un termine comunemente utilizzato da alpinisti ed escursionisti. Tuttavia, raramente ci fermiamo a riflettere su ciò che originariamente rappresentavano queste strutture, e su come la loro definizione potrebbe essere cambiata nel tempo. L’istituzione del primo rifugio montano viene generalmente attribuita al 1785, con la costruzione della Capanna Vincent sul lato sud del monte Rosa, per supportare l’attività delle vicine miniere d’oro. Questa fu seguita nel 1851 da un rifugio al colle Indren, destinato a scopi scientifici.

La parola “rifugio” ha radici storiche, che si possono riscontrare in un contesto culturale nettamente diverso dal nostro: quello economico, focalizzato su commercio e campagne militari, così come quello religioso legato ai pellegrinaggi verso importanti santuari. Quest’ultimo contesto portò alla fondazione dei primi ospizi, come quelli collocati al Sempione, Gottardo e Gran San Bernardo, stabiliti dai monaci.

Nel 1852, al Passo del Teodulo, su antiche fortificazioni datate 1688 e un piccolo rifugio costruito tra 1789-1792 da Horace Bénédìct de Saussure per i suoi studi, è stato costruito un semplice edificio in pietra. Dopo numerosi cambi di gestione e vari lavori di rinnovamento, nel 1891 venne acquistato dalla sezione torinese del Club Alpino Italiano che lo convertì in un rifugio. Questo rifugio, noto come Rifugio Teodulo, si trova a un’altitudine di 3317 metri ed è in uso ancora oggi.

Nel corso di dieci anni seguono una serie di rifugi di montagna

Il primo è l’Alpetto al Monviso nel 1866, che costò un totale di 200 lire. Nel 1867, il rifugio Balma della Cravatta viene inaugurato al Pic Tyndall sul Cervino, costruito dal CAI e dalle guide di Valtournenche. Poi nel 1875, si aprì una serie di rifugi: le Capanne delle Aiguilles Grises sul Monte Bianco (ora noto come Q. Sella), Linty sul versante sud del Monte Rosa (abbandonato nel 1888), e Regina Margherita al Colle del Gigante nella zona attualmente occupata dai rifugi Torino.

Nel 1876 la Sezione di Varallo del CAI inaugurò la Capanna Gnifetti, in onore di un grande appassionato del Monte Rosa, un rifugio di legno completamente catramato dall’esterno con capacità per ospitare 6 persone. Nello stesso anno, la Sezione di Aosta costruì la Capanna Carrel, situata a pochi metri dalla cima del Grand Tournalin, scalata per la prima volta da E Whymper e J.A. Carrel nel 1863.

Il primo rifugio nelle Dolomiti fu realizzato nel 1877, grazie all’entusiasmo dei membri della Sezione di Agordo. Questo rifugio, scavato nella roccia, facilita la salita alla Marmolada e vede la collaborazione di P. Grohmann e la SAT. Nello stesso anno, sotto l’iniziativa della Sezione di Aosta, venne costruito il rifugio Budden appena sotto la vetta della Becca di Nona, anche se questo venne abbandonato nel 1900 dopo vari lavori di restauro.

Negli anni seguenti, varie sezioni del CAI, guidate da persone entusiaste e capaci, continuano ad erigere nuovi rifugi montani per facilitare le salite alle vette, il passaggio tra montagne e l’attraversamento di passi elevati.

All’inizio del ventesimo secolo, i rifugi montani erano poco più di un centinaio. Nel 1922, si vide l’emergere del bivacco fisso nelle Alpi Occidentali, una tipologia di rifugio con caratteristiche uniche, spesso posizionato nelle aree più elevate da dove poter partire per ardue scalate. I primi bivacchi erano fatti di pietra e legno. In seguito, queste strutture sono state gradualmente sostituite da pareti semiprefabbricate, fatte di metallo, ricoperte di legno o materiali compressi, assemblate o trasportate interamente tramite elicottero.

Oggi, grazie all’avanzamento tecnologico e all’evoluzione delle necessità dei montanari, i rifugi alpini si stanno trasformando sempre più in piccoli hotel di montagna. Il rapporto con il gestore di queste strutture sta diventando più “professionale” per far fronte a queste nuove esigenze.

La rete di rifugi e punti di sosta nelle regioni alpine è ora ben sviluppata e soddisfa le esigenze di alpinisti ed escursionisti. Tuttavia, il Club Alpino Italiano (CAI) sta attualmente ponderando attentamente i progetti per nuovi rifugi, dando priorità al recupero e alla ristrutturazione delle strutture esistenti.

Anche se i tempi in cui i rifornimenti venivano trasportati su mulo sono ormai lontani e sono stati sostituiti da mezzi molto più moderni, come l’elicottero, a volte la filosofia originale del rifugio emerge ancora, in particolare nelle strutture più remote e meno frequentate, lasciando una sensazione nostalgica e accogliente dopo una serata passata con compagni di viaggio sconosciuti.

Dalma Bonaiti

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