Grandangolo o teleobiettivo: per fotografare la montagna la scelta dell’obiettivo è fondamentale. Scopri tutti i consigli
Davanti a una suggestiva catena montuosa viene quasi spontaneo cercare di inquadrare la maggior parte di vette possibili, in modo da rendere giustizia estetica all’imponenza che abbiamo di fronte.
L’utilizzo di un obiettivo grandangolare ci viene in soccorso: si tratta di lenti focali inferiori ai 35mm (su formato FX) e consentono di riprodurre sul sensore o sulla pellicola scenari molto ampi.
Ma non è l’unica possibilità: il paesaggio, infatti, può essere anche interpretato con inquadrature più selettive, che ne isolino una singola parte che diviene il soggetto dello scatto. In questo caso si utilizzano teleobiettivi, ovvero ottiche con focali superiori ai 50/60 mm (su formato FX). Ma vediamo entrambe le possibilità più nel dettaglio.
Meglio il grandangolo o il teleobiettivo?
Il grandangolo è un obiettivo che abbraccia un angolo di campo molto esteso, ovvero consente di comprendere nell’inquadratura un soggetto molto grande o, in caso di un paesaggio, una porzione molto ampia di una catena montuosa, per esempio.
Usando un grandangolo si possono catturare, quindi, scenari dilatati, d’ampio respiro, ma occorre tener presente alcuni fattori.
Innanzitutto, la distanza tra i piani della fotografia sembrerà essere maggiore di quanto non sia in realtà. Il primo piano, per esempio dei fiori, sembrerà essere più vicino e più grande e lo sfondo, per esempio una cima, risulterà essere più piccola e più lontana.
Si può dire, quindi, che il grandangolo renda più vicino il primo piano e più lontano lo sfondo. Se, quindi, fotografiamo delle cime, con un super-grandangolare, tipo un 18 mm o un 20 mm, queste risulteranno molto lontane e piccole, nell’inquadratura, a meno di non trovarsi sotto un’incombente parete.
È necessario, quindi, prestare sempre attenzione al primo piano, occupandolo con un qualche tipo di soggetto, come dei fiori, dei tronchi o delle rocce che avranno notevole importanza anche per conferire il senso di profondità all’immagine stessa. Attenzione, però, a non rendere l’immagine confusionaria, a causa di un primo piano troppo invasivo.
Se ci sono delle persone o degli animali, nell’inquadratura, è opportuno sempre valutare le dimensioni che assumeranno nell’immagine: piccoli, come effetto proporzione, oppure più grandi, come elemento principale della composizione.
Più il grandangolo è estremo e maggiore sarà la profondità di campo, ovvero la sensazione di avere “il tutto nitido”, dal primo piano all’infinito.
Parlando invece del teleobiettivo, viene spesso associato alla fotografia sportiva o a quella naturalistica, ma in realtà non esiste una classificazione d’uso così specifica.
È possibile utilizzare le focali lunghe per ogni genere fotografico. Spesso si utilizzano i teleobiettivi anche nella fotografia di paesaggio sia per isolare una parte di uno scenario, sia per selezionare, in maniera molto netta, una porzione ancor più piccola dell’inquadratura.
Non ci si riferisce solamente ai medio tele, quindi 85-100-135 mm, ma anche ai super tele, dai 200 mm in su. Scattando con i teleobiettivi è necessario prestare attenzione al mosso e al micro-mosso, dovuto al peso degli obiettivi stessi che, molto spesso, richiedono l’utilizzo del treppiede.
Per il paesaggio suggeriamo di usare sempre il cavalletto perché oltre a evitare i problemi di mosso, consente anche di inquadrare con più calma e tranquillità e di ottenere foto con miglior composizione.
Uno degli effetti ottici accentuati dall’uso dei teleobiettivi è la compressione dei piani. In pratica, se si fotografa un filare di alberi, per esempio con un 300 mm, la distanza tra un albero e l’altro sembrerà essere minore di quanto non sia nella realtà.
Se si fotografa un paesaggio con un prato, degli alberi e una cima sullo sfondo, usando un teleobiettivo da 400 mm, la distanza tra il prato, gli alberi e la cima sembrerà essere minore di quanto non sia, un po’ come se questi tre elementi fossero compressi.
Questo effetto può essere usato per fini creativi, consentendo di scattare foto particolari. Ricordiamo che l’effetto di compressione aumenta all’aumentare della focale, ed è quindi molto evidente nei super teleobiettivi.
Da un punto di vista compositivo, sarà necessario tener presente questa caratteristica e usarla e sfruttarla al meglio. Altra caratteristica ottica del teleobiettivo è la ridotta profondità di campo. Più le ottiche sono lunghe e più sarà difficile ottenere una profondità di campo estesa, anche usando diaframmi molto chiusi.
A differenza dei grandangolari, i teleobiettivi non consentono una profondità di campo estesa (la zona dalla fotocamera al soggetto e dal soggetto allo sfondo).
Con un grandangolo, chiudendo il diaframma ad un valora tra gli f 11 e gli f 16 otterremo immagini nitide, al nostro occhio, dal primo piano allo sfondo.
Con un teleobiettivo, invece, anche utilizzando un diaframma chiuso la profondità di campo sarà comunque ridotta, nei diversi piani dell’immagine. Sono queste caratteristiche di cui tener conto e che si possono sfruttare, nel momento dello scatto.
Utilizzando, per esempio, una focale lunga e un diaframma aperto si può ottenere il solo punto di messa a fuoco nitido, isolandolo dal resto dell’inquadratura.
Distorsione, la regola del reciproco e stabilizzatori
A differenza dei teleobiettivi, molti grandangolari sono affetti da distorsione. In pratica, possiamo dire che se fotografiamo, per esempio, una casa, un rifugio, i lati, potrebbero risulteranno distorti, con effetto tanto più evidente, quanto più l’ottica ha un angolo di campo spinto.
Esistono, però, anche obiettivi specifici studiati per la fotografia d’architettura, che sono particolarmente corretti per minimizzare la distorsione.
Merita, infine, una citazione il Fish Eye lineare, ottica con 180 gradi di angolo di campo, ove l’unica linea dritta è quella al centro dell’inquadratura. Le altre risulteranno tutte distorte.
È bene ricordarsi, inoltre, che per scattare a mano libera, senza incorrere in problemi di mosso dell’immagine, è opportuno non servirsi di tempi di posa eccessivamente lunghi, soprattutto con il teleobiettivo.
Si consiglia dunque di non utilizzare mai un tempo più lungo del reciproco della focale. Se si impugna un 200 mm è consigliabile non scattare a meno di 1/250, con un 100 mm si utilizza 1/125.
Se si utilizza un ottica zoom, tipo un 70-300, anche scattando a 70 mm sarà opportuno mantenere sempre un tempo di posa più vicino al trecentesimo che non al settantesimo. Il peso dell’ottica rimane comunque lo stesso a qualsiasi focale sia regolato lo zoom.
La regola è empirica ed è riferita al formato FX. Se utilizzate un formato diverso, dovete utilizzare un tempo di posa aumentato del fattore di moltiplicazione (1,5 x, oppure 2 x e così via).
È chiaro che sono dati soggettivi e che è impossibile scattare con un 800 mm (pesa parecchi chili) a 1/1000! Se avete bevuto troppo, nessuna regola vi salverà dal mosso, mosso creativo, mosso piacevole… magari un bel mosso rosso, opportunamente imbottigliato.
Negli ultimi anni sono stati inventati appositi dispositivi, detti stabilizzatori di immagine che compensano le vibrazioni della mano del fotografo, con dei micro movimenti delle lenti interne alle ottiche.
Con questi sistemi è possibile scattare anche con tempi di posa un po’ più lunghi, a seconda dei modelli. Alcuni stabilizzatori promettono tempi di posa più lunghi anche di 4 stop, rispetto al canonico “reciproco della focale”, di cui sopra.
In linea di massima possiamo dire che sono valori soggettivi e dipendono molto anche dall’operatore. Alcune fotocamere hanno lo stabilizzatore interno, quindi sono in grado di sminuire le vibrazioni con tutte le ottiche.
Da ricordare, in ogni caso, che, usando il treppiede, è meglio disabilitare lo stabilizzatore, altrimenti rischiamo di ottenere comunque foto mosse, in quanto il sistema tenterebbe di compensare un movimento che non esiste, bloccato proprio dal cavalletto.