Conifere: come distinguerle tra loro
Le conifere, dal latino conus = cono e ferre = portare, quindi letteralmente portatrici di coni, devono il loro nome alle strutture di consistenza legnosa, chiamate coni o strobili, da tutti note come pigne che, nella maggior parte delle specie, ne contengono i semi.
Formano il 30% delle foreste di tutto il pianeta, sono distribuite prevalentemente in corrispondenza dei climi temperato-freddi, tipici delle latitudini medio-alte e delle zone di montagna, sono assenti solo nelle regioni polari.
In Italia i boschi di conifere occupano una superficie di 1.166.403 ha in popolamenti puri, e di 913.405 ha in consociazione con latifoglie – rispettivamente il 12,8% ed il 10,0% della superficie nazionale coperta da boschi.
Le specie più diffuse sono l’Abete rosso (Picea abies) e il Larice (Larix decidua). Le foglie delle conifere sono aghiformi o squamiformi, estremamente resistenti, e solo poche specie sono decidue: tra quelle italiane, perde le foglie in inverno solo il larice.
La bassa attività fotosintetica determina una lenta crescita di queste piante, che si ritrovano perciò in svantaggio rispetto alle angiosperme: le conifere sono dominanti in ambienti con scarsità di acqua, come in alta montagna. Proviamo a vedere nel dettaglio le caratteristiche delle più comuni.
Iniziamo con l’abete rosso, detto anche Peccio (Picea abies), il cui nome deriva dal colore rossastro della sua corteccia. Le sue foglie hanno le estremità appuntite, sono inserite direttamente nei rami e disposte densamente a spirale, i coni femminili pendono dai rami e a maturità cadono a terra interi. In Italia è presente solo sulle Alpi.
L’abete bianco (Abies alba) è caratterizzato da tronco dritto e corteccia chiara, da cui prende il nome. Le foglie sono appiattite, inserite singolarmente e separatamente sui rametti e disposte su due file come un pettine.
La pagina (il “lato”) superiore è lucida e di colore verde scuro, mentre quella inferiore ha due caratteristiche linee parallele biancastre-azzurrognole. I coni sono eretti e una volta maturi si sfaldano e lasciano cadere le squame, mentre l’asse centrale rimane attaccato ai rami.
Il larice (Larix decidua) è capace di vivere su suoli poveri sino al limite superiore della vegetazione arborea. È riconoscibile dalle foglie, raggruppate a ciuffi, di colore verde pallido in estate, gialle, arancioni o di un caratteristico rosso dorato in autunno, mentre è completamente spoglio in inverno. Ha la corteccia spessa e profondamente fessurata.
Il pino silvestre (Pinus sylvestris) cresce con forma inizialmente conica, quindi piramidale-espansa o quasi ombrelliforme. Le foglie sono raggruppate in mazzetti di due aghi, lunghe fino a 5cm.
La corteccia in alto è fulvo-cannella, si “sfoglia” dai rami giovani come se fosse carta, mentre verso la base diventa spessa, rugosa, grigio-brunastra e solcata.
Il pino nero (Pinus nigra) presenta tronco breve e contorto. Le foglie, a coppie, possono essere anche molto lunghe – in genere intorno ai 10cm, ma anche di più. Esse sono di colore verde scuro, acute e pungenti. Negli esemplari adulti la corteccia è suddivisa in ampie placche grigie, con la parte tra una e l’altra di colore nero.
Il pino cembro (Pinus cembra) è una specie di origine siberiana, spinto dalle glaciazioni fino alle montagne europee, dove infatti arriva sino al limite superiore degli alberi.
Si riconosce dagli altri pini per la corona ovoidale con fronde fitte e per le foglie riunite in ciuffi di cinque elementi. In genere è presente nelle valli interne e continentali, dove forma boschi puri (cembrete) o misti con il larice.
Il pino mugo (Pinus mugo) si trova generalmente in forma di arbusto – o molto più raramente di alberello, con chioma fitta e compatta e foglie riunite a coppie, di colore verde scuro, lunghe circa 3-5cm. La corteccia è grigia scura a squame sottili.
Per capire quale tipo di conifera abbiamo di fronte possiamo osservare, per esempio, la chioma, come sono inseriti gli aghi e i coni.
Pini e abeti hanno la chioma verde scura, il larice, invece, è più chiaro (o addirittura giallo-arancione-rosso in autunno e spoglio in inverno). Se le foglie sono più corte e sono inserite nel ramo singolarmente saremo di fronte a un abete, mentre se sono raggruppate in ciuffi – e sono tendenzialmente più lunghe – si tratterà di un pino.
Possiamo distinguerli anche facendo attenzione alle pigne: nell’abete sono di forma più allungata e quando si aprono hanno scaglie sottili e tenere, mentre nel pino sono più tondeggianti e legnose, anche da aperte tendono a essere piuttosto rigide.
Per distinguere gli abeti tra loro, se gli aghi sono disposti densamente e tutti intorno al rametto si tratterà di un Abete rosso, se invece sono su due file (e strofinando il rametto si sente un vago sentore di limone) sarà un Abete bianco.
Per quanto riguarda i pini, nel Pino cembro gli aghi sono presenti in ciuffetti di cinque, mentre Pino nero, Pino silvestre e Pino mugo hanno le foglie raccolte a coppie. Se ha forma arbustiva si tratterà di un Pino mugo, se gli aghi sono più corti (circa 5cm) e la corteccia nella parte alta è rossastra abbiamo davanti un Pino silvestre, altrimenti un Pino nero. Basta scriversi da qualche parte questo “schema” ed è tutto più semplice, no?