È vero che in montagna ci si abbronza di più? Quali fattori sono in gioco quando parliamo di abbronzatura? Scopriamolo insieme
Dal 21 giugno inizia ufficialmente l’estate e con essa la volontà, di tantissime persone, di ottenere la tintarella! Ma quali sono le differenze tra l’abbronzatura da mare e quella da montagna?
In questo articolo vedremo le differenze ricordandoci sempre dell’importanza dell’uso della protezione solare per prevenire danni alla nostra salute e a quella della nostra pelle!
Mare o montagna: quali sono le differenze di abbronzatura?
Per capire quali siano le differenze tra l’abbronzatura ottenuta esponendosi al mare e quella in alta quota dobbiamo guardare la questione in primis dal punto di vista dello Spazio.
La Terra è colpita dai raggi del Sole che, oltre agli infrarossi, sono gli ultravioletti UVA, UVB e UVC. Questi ultimi vengono filtrati dall’ozonosfera e quindi non raggiungono la superficie della Terra, mentre gli UVA e gli UVB arrivano fino alla nostra cute (a profondità diverse tra loro) e sono quelli che possono generare gli effetti più dannosi.
La colorazione della nostra pelle è dovuta a fattori genetici ed è questa che caratterizza l’aspetto di diverse etnie e differenze di carnagione tra le persone.
Quando ci esponiamo ai raggi UVA e UVB nella nostra cute vengono messi in moto dei meccanismi e segnali molecolari che attivano uno speciale tipo di cellule, i melanociti, che hanno come principale funzione quella di produrre melanina, il pigmento che restituisce il colore della pelle.
In questo modo la nostra pelle riesce ad auto-proteggersi perché le cellule riempite di melanina si dispongono a protezione dei nuclei delle altre cellule della pelle, “schermandole” dai danni che la luce del sole potrebbe apportare al loro DNA.
L’abbronzatura è quindi uno stratagemma evolutivo atto alla nostra protezione, nonostante oggi la consideriamo spesso un fattore esclusivamente estetico.
Come segnalato dall’Istituto Superiore di Sanità, oltre ai rischi comportati (anche gravi e tumorali) dei raggi UV, ci sono anche dei benefici. Sono proprio questi raggi a giocare un ruolo importante nella sintesi della Vitamina D, fondamentale per lo sviluppo dello scheletro e la prevenzione contro malattie delle ossa. Per avere questi effetti benefici basta però una piccola esposizione.
Ad influire su come arrivino questi raggi fino alla nostra pelle ci sono una serie di fattori e, alcuni di essi, sono fondamentali per differenziare le abbronzature ottenute al mare da quelle ottenute in montagna:
- latitudine: i livelli di raggi ultravioletti sono più alti all’equatore perché compiono una distanza minore attraverso l’atmosfera
- altitudine: con il salire di quota diminuisce la quantità di atmosfera che possa assorbire i raggi
- periodo dell’anno e ora del giorno: a seconda dell’altezza del Sole nel cielo cambia l’angolo di incidenza. Per le zone a medie latitudini i periodi in cui i raggi del Sole arrivano “più diretti” sono i mesi estivi nelle ore che oscillano intorno al mezzogiorno solare (ovvero il momento in cui il Sole ci appare più in alto)
- ozono, il quale assorbe parte delle radiazioni UVA e UVB, ma i suoi livelli variano sia durante l’anno che durante il giorno
- superfici riflettenti: i raggi possono essere anche riflessi dalle superfici che ci circondano (tant’è che spesso chi è alla ricerca di una forte abbronzatura usa delle superfici riflettenti). Ogni superficie ha una specifica capacità di riflettere i raggi e quelli riflessi devono dunque essere sommati a quelli provenienti direttamente dal Sole.
Ma veniamo al dunque: l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) segnala alcune informazioni importanti che ci possono servire ad avere una spiegazione rispetto a dove ci si abbronzi di più.
Gli effetti dei raggi ultravioletti sembrano essere maggiori in alta montagna e questo accade perché lo strato di atmosfera che può assorbire in parte le radiazioni provenienti dal Sole si assottiglia con l’aumentare dell’altitudine.
Nello specifico l’intensità dei raggi UV aumenta circa del 10% ogni 1000 metri di altezza. Dunque colpiscono con maggiore intensità la nostra pelle.
Nonostante sia poco comune incontrarli nel periodo estivo, neve e ghiaccio sono in grado di riflettere il 75% dei raggi solari, cosa che, ovviamente, fanno anche nel periodo invernale quando i raggi sono meno intensi.
Insomma, è necessario in questi casi usare creme ad alta protezione e idratarsi spesso, specie perché – viste le temperature mediamente più basse in montagna – il rischio è di non accorgersi di essere stati esposti a raggi molto intensi. Allo stesso tempo è anche vero che proprio a causa delle temperature più basse in media, tendiamo a coprirci di più in montagna rispetto che al mare.
Al mare le cose cambiano un pochino: se lo strato di atmosfera è sicuramente maggiore che ad alta quota, sono altri i fattori da prendere in considerazione. Resta di fondamentale importanza la protezione solare anche in questo caso perché quando siamo sotto all’ombrellone siamo comunque esposti agli ultravioletti.
Questi provengono dal fenomeno della riflessione che avviene anche in spiaggia: la sabbia è in grado di rifletterli con una percentuale del 15% circa e la schiuma di mare arriva a riflettere fino al 25% di radiazioni.
In una ricerca del 2018 pubblicata sulla rivista Photodermatology, Photoimmunology & Photomedicine e condotta dai Professori Brian Diffey e Curtis Mobley, è stata studiata la quantità di raggi riflessi dall’acqua dell’oceano e si è concluso che, al contrario di quanto ci sembra, la riflessione operata dalla superficie dell’acqua non è particolarmente rilevante.
Anzi, a influire sulle abbronzature e sulle dannose scottature sarebbe piuttosto la banale mancanza di ombra e il fatto che, generalmente, è maggiore la porzione di pelle esposta al sole poiché più spesso si utilizzano costumi da bagno rispetto alla montagna.